"Zombie" leadership - liberarsi di miti e leggende sulla leadership

Continuiamo ad approfondire il “discorso” sulla leadership, nella convinzione che sia necessario stimolare un passaggio di consapevolezza affinché questa antica e onorata disciplina torni a essere pienamente utile sia al benessere finanziario sia a quello organizzativo e umano. Come sa chi ha già avuto conversazioni su questo con noi, riteniamo non siano in trade–off, anzi: si nutrono reciprocamente.

Oggi, nelle conversazioni sulla leadership, alcune idee persistono nonostante siano state confutate da decenni di studi vasti e approfonditi. Un lavoro recente, pubblicato su The Leadership Quarterly, ci introduce al concetto un po’ suggestivo di “Zombie Leadership”, mettendo in luce come idee obsolete continuano a influenzare la pratica della leadership.

Lo studio si estende a considerazioni sociologiche e organizzative molto polemiche verso un contesto editoriale, media, accademico, consulenziale che propone uno storytelling sulla leadership senza alcun supporto empirico e ostinatamente basato su credenze e pratiche non più attuali e disfunzionali e compiacente con una certa élite e il complesso industriale di leadership che la supporta.

Fatta questa necessaria premessa e dichiarando da subito che non ci allineiamo alla sua interpretazione “politica” di fondo, ci sono tuttavia contenuti del lavoro che riteniamo molto interessanti e da mettere a disposizione della nostra comunità di lettori, che sono in gran parte leader o manager di organizzazioni complesse e che si cimentano tutti i giorni con la multidimensionalità di questa disciplina e con le sue acute sfide del presente.

Chi ci conosce sa che siamo piuttosto critici verso l'industria del leadership development, che, guardando agli ultimi 40 anni, ha portato risultati così modesti da dover essere, a nostro modo di vedere, riformata. Nonostante questo, non ci sentiamo di concordare sul fatto che la distorsione abbia una natura organizzata e lobbistica.

Dell’Analisi troviamo particolarmente efficace la sintesi degli 8 “assiomi” della brillantemente definita “Zombie Leadership”, che si riferisce a concetti ancora largamente accreditati e in uso, ma totalmente superati e che, come degli zombie, si rifiutano di lasciare il corpo (della società) e continuano a infestare e depotenziare il discorso sulla leadership.

Vediamoli, prima, nella loro definizione “estrema” e volutamente provocatoria dello studio, per poi associarli al problema chiave che caratterizza tali assiomi come “Zombie”.

Assiomi e Affermazioni chiave:

  1. La leadership è tutta una questione di leader - La leadership è appannaggio di coloro che occupano ruoli di leadership formali e può essere compresa focalizzandosi solo sui leader.

  2. Ci sono qualità specifiche che tutti i grandi leader “possiedono” - Qualità particolari (ad esempio, intelligenza, carisma) sono possedute da determinate persone per esercitare la leadership.

  3. Ci sono cose specifiche che fanno tutti i grandi leader - Comportamenti particolari (ad esempio, essere corretti, avviare il cambiamento) sono il segno distintivo di una leadership efficace.

  4. Riconosciamo tutti un grande leader quando ne vediamo uno - È opinione diffusa che alcuni leader siano migliori di altri.

  5. Tutta la leadership è uguale – Esistono tratti essenziali di leadership che possono essere individuati in tutti i contesti (una sorta di “leadershipness”).

  6. La leadership è un’abilità speciale limitata a persone speciali - La leadership è un’attività d’élite straordinaria, esclusiva e costosa.

  7. La leadership è sempre positiva ed è sempre positiva per tutti - La leadership è un bene universale di cui tutti beneficiano.

  8. Le persone non possono farcela senza leader - Tutti hanno bisogno di leadership e la leadership è sempre necessaria per il successo del gruppo.

Problemi che rendono questi assiomi “Zombie”:

  1. La leadership è tutta una questione di leader – NO: la leadership è sostanziata dalla followership e richiede necessariamente che noi studiamo e comprendiamo i follower.

  2. Ci sono qualità specifiche che tutti i grandi leader “possiedono” – NO: ciò che conta è se i follower percepiscono le persone come dotate di queste qualità.

  3. Ci sono cose specifiche che fanno tutti i grandi leader – NO: la leadership richiede che il comportamento sia in sintonia con le circostanze e il contesto del gruppo guidato.

  4. Riconosciamo tutti un grande leader quando ne vediamo uno – NO: non c'è consenso a priori. Il consenso si produce privilegiando prospettive particolari.

  5. Tutta la leadership è uguale – NO: non c'è un tratto “core”. L'aspetto della leadership cambia (e deve cambiare) con il contesto.

  6. La leadership è un’abilità speciale limitata a persone speciali – NO: Trattare i leader come superiori ai gruppi che guidano crea problemi a quegli stessi gruppi.

  7. La leadership è sempre positiva ed è sempre positiva per tutti – NO: non lo è. Non ne beneficiano necessariamente tutti. La leadership può sostenere la disuguaglianza e la tirannia.

  8. Le persone non possono farcela senza leader – NO: non è vero. La leadership può rendere i gruppi meno efficaci, soprattutto se porta i follower a disimpegnarsi.

Uno dei motivi per cui queste pratiche e idee "zombie" sono così pericolose è che, attraverso una sintesi più “mitologica” che oggettiva, semplificano enormemente la leadership, che deve essere, innanzitutto, una risposta efficace alla complessità delle dinamiche di gruppo e delle relazioni interpersonali. La leadership non è un insieme di tratti universali che possono essere applicati in ogni contesto, ma è un fenomeno complesso, profondamente adattivo, che varia in base alla cultura, al contesto e alle persone coinvolte. Per questo essere leader, come abbiamo già avuto modo di osservare in un post precedente, è un compito tanto gratificante quanto difficile, ma non tanto nella sua componente “tecnica” (conoscenza di modelli strategico-operativi, conoscenze economico-finanziarie e best-practice gestionali) quanto in quella relazionale, adattativa e di influenza.

Lo studio, pur non proponendo ricette “magiche”, suggerisce alcuni approcci per andare oltre queste idee obsolete e distorsive. In primo luogo, è essenziale sviluppare una definizione più precisa e contestualizzata della leadership. Questo implica, per esempio, riconoscere l'importanza delle relazioni tra leader e follower e comprendere che la leadership è un processo dinamico e interattivo.

Ancora, lo studio raccomanda di non focalizzarsi solo sul leader per studiare la leadership, ma su tutti gli elementi di contesto in cui la leadership si va a inserire: stakeholder, momento storico dell'azienda e del mercato, eccetera.

Lo studio afferma che le organizzazioni dovrebbero incoraggiare una visione della leadership più come un processo collettivo, come abbiamo avuto modo di approfondire nel nostro post sulla leadership plurale. Questo non vuol dire rinunciare alla leadership formale e al fatto che alcune decisioni debbano essere ineluttabilmente concentrate, ma aprirsi al potenziale delle leadership funzionali, che non solo migliora la coesione del team e delle organizzazioni, ma favorisce anche un contesto di lavoro più equo e inclusivo, caratteristica ambientale ormai determinante per attrarre le nuove generazioni.

Affrontare la “Zombie Leadership” richiede un cambiamento di paradigma, abbandonando le idee obsolete a favore di modelli di leadership più realistici e sostenibili. Questo approccio non solo potrebbe migliorare l'efficacia dei leader, che sarebbe già da sé il motivo per abbracciare il cambiamento, ma contribuisce anche a creare ambienti di lavoro più sani e produttivi, in risposta al grande bisogno di engagement e partecipazione che le organizzazioni oggi hanno.

Tutto questo è per noi di grande motivazione nel supportare Executive ed Executive Team nel fare questa transizione, portando con sé tutto quello che del passato è utile mantenere, ma lasciando andare tutto quello che non porta risultati e allontana dal benessere.

Saremo felici di avere conversazioni e confronti con chi già rileva questa criticità nel proprio contesto organizzativo e vuole valutare di affrontarla.