Democrazia industriale e approccio scientifico: un caso emblematico che ci insegna molto

La partecipazione dei lavoratori e la gestione condivisa sono temi centrali, spesso divisivi, nelle discussioni sulla leadership e sulla gestione delle organizzazioni. 

Negli anni Quaranta, la Harwood Manufacturing Corporation, grande realtà del settore tessile dell’epoca, sotto la guida di Alfred Marrow, adottò un approccio innovativo alla gestione partecipativa, coinvolgendo direttamente i lavoratori nelle decisioni aziendali. Marrow, psicologo industriale e sostenitore degli studi sul Comportamento Organizzativo, credeva fermamente che il coinvolgimento dei lavoratori nei processi decisionali potesse migliorare non solo la produttività, ma anche il morale e la soddisfazione lavorativa. Questa filosofia era radicata nell’idea che i dipendenti, se adeguatamente coinvolti, potessero contribuire in modo significativo al successo dell'azienda. Marrow contava anche sull’aiuto di Kurt Lewin, che è certamente stato uno dei più significativi studiosi delle dinamiche di gruppo. 

Parallelamente, l'International Ladies’ Garment Workers Union (ILGWU) giocava un ruolo fondamentale nella rappresentanza dei lavoratori del settore tessile. Negli anni Sessanta, William Gomberg, un ex funzionario dell'ILGWU, sollevò alcune critiche riguardo all'approccio di Harwood, sottolineando la necessità di focalizzarsi unicamente su una gestione più strutturata e metodica dell’organizzazione. L'ILGWU, infatti, con la sua lunga tradizione di lotta per i diritti dei lavoratori, aveva sviluppato tecniche di ingegneria industriale per migliorare l'efficienza lavorativa, garantendo al contempo condizioni di lavoro dignitose e giuste per i propri membri. Le critiche aprirono una lunga contesa – che arriva nella letteratura fino ai giorni nostri – al cui centro sta l’idea che i processi di gestione condivisa siano fondamentalmente antisindacali. 

Uno studio recente di Bernard Burnes e W. Warner Burke, pubblicato su Journal of Management History, rivisita questo caso storico, emblematico della complessità e delle sfide della “democrazia” industriale.

Uno dei punti di maggiore interesse nello studio di Burnes e Burke è il fenomeno del “role reversal”, in cui la rappresentanza sindacale incarna la direzione industriale e i suoi obiettivi di efficienza e produttività, mentre la dirigenza di Harwood promuove la democratizzazione di gran parte delle pratiche aziendali attraverso la cessione di parte del controllo ai lavoratori. 

Harwood riteneva che attraverso processi di partecipazione diretta si potesse lavorare per migliorare sia la condizione dei lavoratori che la produttività. Al contrario, il sindacato affermava che l’organizzazione all’interno della filiera produttiva era una materia ampiamente provata, e riteneva fosse necessario,  per difendere gli interessi dei lavoratori, concentrarsi esclusivamente sui processi, sui ruoli e sulla qualità dell’ambiente di lavoro.

Il caso di Harwood e ILGWU offre preziose lezioni per i leader di oggi. In primo luogo, evidenzia l'importanza di trovare una sintesi tra il coinvolgimento diretto dei lavoratori e la strutturazione industriale e organizzativa. Entrambi gli approcci portano benessere sia per i lavoratori sia per l’organizzazione e possono coesistere efficacemente se implementati nel modo corretto e non vissuti come alternative. Il coinvolgimento diretto può migliorare il morale, la motivazione e l’ingaggio dei dipendenti, ma da solo non è sufficiente a garantire il funzionamento di un’organizzazione — sono infatti necessarie, oltre a un impianto industriale solido e funzionale, strutture organizzative chiare e rappresentative per garantire che ogni decisione venga valutata oltre le necessità immediate di ogni gruppo. Infatti, si ribadisce nel paper che “power relations and self-interest pose significant limitations on rational decision-making”. Specularmente, avere struttura non garantisce il funzionamento dell’organizzazione e, affinché i lavoratori sviluppino quelle che noi oggi chiamiamo accountability e partecipazione attiva, è necessario che siano coinvolti oltre l’esecuzione delle singole attività.  

I leader devono essere pronti a “stare” in questa tensione,  acquisendo la capacità di ascoltare e integrare diverse prospettive per arrivare a sviluppare soluzioni innovative e competitive e una cultura organizzativa più inclusiva e collaborativa.

Questa tensione è piena espressione delle dinamiche motivazionali che conosciamo oggi, in cui è necessario sia un indirizzo, un “orientamento” – dato dalla vision, dalla struttura e dagli obiettivi ben formulati e compresi – sia una “attivazione” delle persone, data, tra le altre cose, dal coinvolgimento competente (nel senso che va preparato e fatto tecnicamente bene) dei lavoratori.

Quando le Persone sono coinvolte direttamente nei processi decisionali, sentono che le loro opinioni e contributi sono riconosciuti e valorizzati, il che aumenta il loro impegno e l’energia profusa per l’organizzazione. La partecipazione attiva aiuta a creare un ambiente di lavoro che favorisce la creatività, l’innovazione e fornisce resilienza all’intero Sistema. Allo stesso tempo, l’adozione di pratiche di gestione strutturata garantisce che questa energia sia utilizzata in modo direzionato ed efficiente, contribuendo in modo misurabile ai risultati complessivi dell’organizzazione.

Per i leader moderni, il messaggio è piuttosto chiaro: coltivare un equilibrio tra partecipazione e gestione strutturata non solo migliora la produttività, ma anche l’energia personale e collettiva all’interno dell’organizzazione, proteggendo la prosperità a lungo termine.

Se ti interessa una conversazione sulla motivazione, l’influenza dei lavoratori e/o sulle pratiche di leadership più adatte al contesto odierno, siamo a tua disposizione.