Da Hostage Leadership a Conscious Leadership • Una riflessione per comprendere come governare la trasformazione in corso

Un po’ di contesto:

La società della tecnica, con il suo fuoco assoluto su efficienza e risultati, ci ha portato alla "funzionalizzazione" delle persone, che sono chiamate solo a fare “funzionare” le cose, per arrivare al risultato, l’indiscutibile e sacro oggetto di culto. Non c’è spazio per il “sentire” o per valutazioni di “senso”. Il filosofo Galimberti fa notare che, in questa prospettiva, non è più importante “chi sei tu” ma solo “a cosa servi tu”.

In questo scenario una sorta di equilibrio si è mantenuto finché l’idea di “stabilità” si è potuta applicare - apparentemente piuttosto bene - al lavoro e al mercato insieme: il lavoro era generalmente stabile, dava la possibilità di comprare casa, un’auto e andare in vacanza. Il mercato era sfidante, ma le trasformazioni avvenivano su un’onda lunga e i modelli economici alla base del suo funzionamento sembrava tenessero bene. Insieme, le due cose apparivano come la ricetta del benessere.

Ma, come qualche illustre sirena già aveva anticipato a partire dagli anni ’80, tutto questo si è costruito su fondamenta molto fragili, che alla fine hanno ceduto.

Con la perdita di tante certezze, le aziende hanno cominciato ad essere percepite con maggior diffidenza e minor tolleranza. I recenti dati del report Gallup (“Stato globale del mondo del lavoro”), che affermano che solo il 4% dei dipendenti Italiani si sente coinvolto al lavoro, preoccupano tutti, soprattutto perché ormai gli effetti negativi sulla partecipazione sono sistemici e generalizzati, salvo poche eccezioni.

È venuto allo scoperto un comandamento esistenziale: l’Uomo ha bisogno di essere visto, riconosciuto, valorizzato e, in effetti, considerando che questo generalmente non succede né nella società civile né nelle organizzazioni, non è sorprendente l’impietoso dato.

Ci troviamo in un periodo storico di inaudita fragilità sociale: l’intelligenza artificiale e, in generale, l’innovazione tecnologica, con le sue sfide etiche ed evolutive; l’urgenza di senso di lavoratori e manager; il bisogno di autenticità delle persone unito però a diffidenza e paura; i mercati sfidanti e multiformi; gli equilibri geopolitici in grande fermento e rimodellazione; modelli economici che non rappresentano più la realtà…

E poi l’avvicendamento generazionale, che, anche dal nostro osservatorio sul campo, genera spesso smarrimento tra i manager, che, cresciuti in tempi di prosperità e fiducia, chiedono ora aiuto per gestire generazioni nuove, che pongono delle condizioni per offrire la propria partecipazione al progetto-azienda e pretendono di potersi prendere cura del proprio benessere.

Ma allora, ci stiamo preparando alla fine del lavoro o siamo all’inizio di un nuovo modo di lavorare, forse umano e performante insieme?

In questi tempi di cambio di paradigma, le scelte da fare, le decisioni da prendere devono essere particolarmente lungimiranti e con una grande attenzione all'interconnessione tra gli effetti.

Siccome la qualità dei nostri leader influenza la qualità delle decisioni e quindi la qualità delle nostre vite, perché si realizzi il nuovo abbiamo assoluto bisogno di veri capitani: il leader che serve è architetto e costruttore, Persona che vede le connessioni e i possibili stati dei Sistemi in relazione alle scelte e quindi agisce con visione e responsabilità.

Le organizzazioni e la società hanno bisogno di queste Persone, Uomini e Donne che decidono di appoggiare tutto il proprio sapere e saper-fare su due pilastri:

  • l’etica della responsabilità: come ci ricorda Weber, siamo responsabili degli effetti delle nostre azioni e dobbiamo far sì che anche gli effetti sociali siano, se non prevedibili, almeno “pensati” e non lasciati al caso, sull’altare del beneficio di breve termine.

  • Prospettive chiare e salutari sulla natura delle Persone, sulla relazione, sul potere, sul successo, sulle prestazioni e altro ancora.

La leadership da “hostage”, vittima della trappola dei quarter e dell’efficienza come Sacro Graal al quale è lecito sacrificare ogni cosa, deve evolversi in leadership della cura e della responsabilità.

Abbiamo bisogno di conscious leader: Persone con un’intelligenza analitica, emotiva, spirituale e sistemica sviluppata, e in possesso di grande capacità di cura, per consentire ai Sistemi di raggiungere il loro più alto potenziale.

Cicerone parlava di Urbs come “città delle pietre” e di Civitas come “città delle anime”.

Lo stesso va deciso oggi per le organizzazioni: “organizzazioni delle pietre”, meccanicistiche, infelici, alla ricerca ossessiva della soddisfazione degli shareholders o “organizzazioni delle anime”, radicate nella società e connesse con gli stakeholders, alla ricerca di impatto e significatività?

Questa è la partita.

E, per giocarla, innanzitutto una nuova cultura di leadership è diventata ormai imprescindibile.

Oggi sono disponibili tanti strumenti e modelli per supportare questa transizione di leadership: modelli organizzativi e gestionali che mettono la Persona al centro senza sacrificare il profitto, action-tank che raccolgono le esperienze di nuova gestione e leadership più moderne e virtuose, gruppi di condivisione e apprendimento (CEO Roundtables, formazioni specifiche, ecc), conversazioni individuali evolutive (Executive Coaching, Executive Mentoring, ecc).

È un momento spaventoso e magico allo stesso tempo, che, a seconda delle scelte che facciamo oggi, offre futuri alternativi. Saremo disumanizzati e spaventati, anche se forse più sani e longevi, o più umani e interconnessi, fiduciosi di essere sulla strada giusta?

Crediamo fermamente che le organizzazioni possano svolgere un ruolo importantissimo e benefico, a condizione che la leadership accetti la trasformazione necessaria; una trasformazione che inizia dalla disponibilità a lasciare andare schemi tradizionali e a ripensare l’azienda nella sua più ampia funzione, che probabilmente è arrivato il momento di adattare ai nuovi “inquilini” e ai nuovi contesti sociali.

Tutti devono contribuire con disponibilità, apertura e creatività al cambiamento: i Leader, sia globali che di funzione, sono la preziosa materia prima, architetti e decisori, con il difficile compito di influenzare un delicato ecosistema di interessi, in grado di fornire — o meno — le risorse necessarie a supportare la transizione; le società di consulenza, coaching e formazione devono fornire il sostegno allo sviluppo di competenze, prospettive e cultura di empowerment, per offrire ai leader una struttura di contenuti e relazioni attraverso la quale rinnovarsi e trovare il supporto e gli strumenti necessari per farlo.

È imperativo stimolare la nascita di queste conversazioni nelle organizzazioni ed il nostro compito è quello di saperle sostenere con apertura, conoscenza e pragmatismo.